Un Vuoto riempie una stanza, Il buio è sostanza e presenza di luce esaurita. Il Baro infilandosi i guanti dice a tutti quanti: "Affinché voi mi crediate in vita". Poi muove le dita e serve la mano con un movimento delle sopracciglia. La foresta avanza, un bimbo corre nella stanza Con foglie attaccate alla maglia: è reduce da una battaglia dentro la foresta, O meglio contro la foresta. Il Baro racconta la storia della sua vita, o di ciò che ne resta. Il Cieco scruta le carte e dice: "Amico, questo non è il tuo copione". Il barometro è impazzito, il bimbo punta il dito E gli grida: "Imbroglione!" In disparte di fronte allo Specchio, ma fuori dal suo riflesso, Le carte false le tiene per sé. La parete è avanzata, la stanza è cambiata, E il Baro non può più sedersi in disparte. Il Bambino è un po' più grande E chiede di giocare a carte. Il Baro non vuole il contatto con gli altri, Non ha mai saputo adattarsi al contesto. Del resto non guarda lo Specchio E non vede il Bambino che imita ogni suo gesto. Il Baro perde la mano anche se è lui A mischiare il mazzo: non sa più quando bara. "Cazzo, il Bambino ormai è un ragazzo". Il Baro spacca il bicchiere, si taglia una mano E il ragazzo gli porta una benda, Ma gli cade il Manuale e ormai è tempo che si arrenda. La ferita rimane aperta, la farsa ora è scoperta E il Baro ormai è stanco di sé. Il rosso in terra è sangue vero che riscrive il gioco da zero. E il gioco è lasciarsi perdere. Il Baro ora guarda lo Specchio e il Bambino ormai è un vecchio. "Il Manuale e il Diario di Bordo li ho bruciati, Sì d'accordo, ma io non scordo Una bara, un ruolo, una maschera, un mimo, un volto. Un me stesso ormai dissolto. Ormai sepolto. Una scheggia nella mano che fa male, Che non provo più a levare, Ma stringo il pugno ancor di più". Brucia le carte false, brucia il manuale. Brucia le carte false, brucia il manuale.